07 Ago Corte di Appello di L’Aquila – Sentenza 18.04.2025 n. 495/2025 – Composizione collegiale – RG n. 655/2023
“Il principio di non contestazione, sancito dall’art. 115 c.p.c., impone a tutte le parti processuali – attore e convenuto – l’onere di contestare in modo specifico e tempestivo i fatti allegati dalla controparte, purché rientranti nella loro sfera di conoscibilità. La mancata contestazione, nella prima difesa utile e con un grado di specificità commisurato a quello dell’allegazione, comporta la vincolatività del fatto non contestato, che si considera pacifico e sottratto all’accertamento probatorio. Tale principio, che si fonda non solo sul dato normativo, ma anche sulla struttura dialettica e dispositiva del processo, sul sistema delle preclusioni, e sui doveri di lealtà e probità ex art. 88 c.p.c., si applica tanto ai fatti principali quanto a quelli secondari, configurandosi come criterio generale di delimitazione dell’oggetto del giudizio e razionalizzazione del carico probatorio.”
“Il silenzio serbato in risposta a una proposta contrattuale non può, in via generale, essere qualificato quale accettazione, neppure ove intervenga all’esito di trattative pregresse. Tuttavia, esso può assumere valore negoziale qualora – avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, alla qualità e alla natura del rapporto tra le parti, alle consuetudini negoziali, alle prassi anteriormente osservate, ovvero ai canoni di correttezza e buona fede oggettiva – possa configurarsi un onere, o persino un dovere, di prendere posizione. In tali ipotesi, il silenzio può integrare una condotta concludente suscettibile di essere interpretata, secondo regole di esperienza e in coerenza con il contesto storico-sociale di riferimento, quale implicita manifestazione di volontà negoziale.”
“Ai fini della responsabilità ex art. 2051 c.c., è sufficiente la sussistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, mentre grava sul custode l’onere di provare l’esistenza del caso fortuito quale fattore idoneo a interrompere tale nesso. Non integra fortuito, tuttavia, l’eventuale inadeguatezza delle opere appaltate volte a eliminare la fonte del danno, che può determinare l’inefficacia del rimedio, ma non esclude la riferibilità causale del danno alla res. L’affidamento delle opere in appalto non sottrae la disponibilità e la custodia del bene oggetto dei lavori al committente, che risponde ex art. 2051 c.c. dei danni derivanti dal bene, anche se modificato dall’appalto, e dal danno promanante dalla parte modificata. Il committente può esimersi dalla responsabilità solo dimostrando che la condotta dell’appaltatore abbia i caratteri di incidenza causale e di imprevedibilità o inevitabilità propri del fortuito. In caso di lavori su parti comuni di un edificio condominiale, la custodia permane in capo al Condominio qualora esso mantenga il potere di fatto sulla cosa, come avviene per il lastrico solare, che conserva comunque la sua funzione di copertura dell’edificio. In tali ipotesi, la responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’appaltatore o l’eventuale corresponsabilità del committente sono configurabili solo ove sussistano specifici presupposti autonomi, diversi da quelli rilevanti ai fini dell’art. 2051 c.c.”